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sabato 21 gennaio 2012
Che esista una musica dell’universo è certo, secondo non pochi uomini. Ne sentiamo l’eco solenne e pregnante nell’ascesa al Paradiso di Alighieri, ne percepiamo la riproduzione nelle sinfonie di Beethoven, ne vediamo la trasposizione matematica dettare la regola delle piramidi, del Partenone, giungiamo quasi a sentirla fisicamente con le nostre orecchie perdendoci nel confine tra terra e cielo della Sistina. La musica dell’universo è alta, lontana ma non astratta, non assente o impercettibile. Si percepisce naturalmente, nel respiro, nel rumore del mare, nel gorgogliare della sorgente, che l’ingegnere idraulico e lo scultore incanalano nell’opera di marmo per renderne assoluto il suono fluente e rigenerante: la le fontane di Roma, nel bianco barocco delle statue, sono i monumenti marmorei e quindi solidi per definizione, all’elemento per definizione fluido, che porta nel suo moto una delle voci della musica dell’universo.
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