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martedì 13 marzo 2012

La macchina per scrivere è un ricordo, qualche volta un cimelio o una suppellettile per nostalgici. Tant'è vero che l'ultima fabbrica ancora funzionante, in India, ha dichiarato la resa, e chiude. La sua epoca è finita e non sapremo mai se era più giusto dire macchina da scrivere o macchina per scrivere. Una storia durata centocinquant'anni, ma gloriosa: non si contano le fotografie dei maggiori scrittori del secolo scorso intenti a battere sui tasti neri o anneriti di una Olivetti, di una Remington o di una Underwood. Qualcuno il salto l'ha fatto senza rimpianti. Emilio Tadini, per esempio, ne vedeva soprattutto i vantaggi: «Il computer - diceva - è uno straordinario strumento artigianale, consente di ripartire sempre dal vuoto. È come la plastilina: basta schiacciarla e tutto si annulla. Rimane solo il ricordo di quel che c'era, senza lasciare la presenza fisica, ingombrante, della redazione precedente».

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